giovedì 7 luglio 2011

COS'E' LA PROSSEMICA

LA PROSSEMICA

Progettare il COLORE, significa anche conoscere come l'uomo si rapporta col proprio ambiente, con se stesso e con gli altri. (Vedi riquadro inerente al Wayfinding).
Per tale motivo oggi propongo dei cenni sulla Prossemica, disciplina secondo me indispensabile per comprendere spazi e comportamenti ai fini della realizzazione di un concept e di una sua restituzione progettuale. 


Prossemica: dall'inglese proxemics, termine coniato da E.T.Hall con l'elemento greco sema = segno
Studia l'uso che l'uomo fa dello spazio, frapponendo distanze fra sé e gli altri per avvicinarli o allontanarli nelle interazioni quotidiane e nelle strutturazioni degli spazi abitativi, o urbani. Distanze che variano da cultura a cultura, o da luogo a luogo all'interno della stessa cultura.

Secondo l’antropologo E. T. Hall per capire l’uomo e il suo rapporto relazionale con lo spazio, bisogna comprendere anche come funzionano i recettori percettivi.  I componenti dell’apparato sensoriale ci permettono infatti di esaminare lo spazio attorno e gli oggetti presenti, confrontandoli con il nostro corpo.

Hall distingue i recettori di DISTANZA, da quelli IMMEDIATI.
I primi, occhi-orecchi-naso, ci consentono di fare un esame di ciò che è distante;
i secondi, pelle-membrane-muscoli, ci informano sull’ambiente più prossimo.
Attraverso i nostri sensi possiamo individuare spazi dimensionali, termici, temporali.
Lo spazio, che viviamo come dinamico in quanto noi ci muoviamo dentro spazi, è sempre correlato all’uomo (avere la sensazione di spazio); uomo e ambiente interagiscono costantemente in modo determinante.





L’esperienza che noi abbiamo dello spazio è determinata da ciò che in quel dato spazio possiamo fare. Un ambiente molto alto, o una sala ampia, ci daranno un’esperienza di vissuto diversa da quella fornita da un ambiente basso, o da una sala piccola. In un luogo ove possiamo muoverci senza problemi, viviamo sensazioni e percezioni differenti dalle esperienze che proveremmo stando in spazi che ci obbligano nei movimenti. Ogni spazio, inoltre, lo sentiamo come “estensione dell’organismo”,  come “territorio”. 

Hall  indivudua quattro zone che determinano i nostri personali "territori", delimitati da specifiche distanze che noi frapponiamo tra il nostro corpo e gli altri, premettendo che esse possono mutare da cultura a cultura e a causa di  implicazioni  ambientali o personali.  

DISTANZA  INTIMA                          da cm.    0    a cm.     45

DISTANZA  PERSONALE                da cm.  45    a cm.   120

DISTANZA  SOCIALE                       da cm. 120   a cm.   360

DISTANZA  PUBBLICA                     da cm. 360   in avanti

La zona intima è una specie di seconda pelle che ci circonda e ci fa sentire sicuri. (Nelle lingue anglosassoni viene denominata bubble, che più o meno significa bolla).
Se facciamo entrare qualcuno in questa area è perché abbiamo realmente fiducia in lui.

La zona intima può variare in distanza a seconda dello status dell’interlocutore e dello stato d’animo dell’individuo. Tanto più una persona   è insicura, maggiormente può soffrire per l’intrusione di un’altra. Inoltre un individuo di cui si vìoli tale zona, si sente non rispettato come persona.

Nella zona personale si fanno entrare i buoni amici, i familiari, i colleghi con cui si è legati da rapporti anche di affetto e tutti coloro con i quali si ha una buona comunicazione.
Vi è comunque sempre una “difesa” che ogni individuo gestisce a modo proprio, creando una distanza più o meno evidente secondo i casi.
In situazioni di necessità, (file, ascensore, metrò, etc.), ci si avvicina forzatamente alla zona personale o a quella intima dell’altro; pertanto si utilizzano dei sistemi di comportamento difensivi evitando il contatto oculare, irrigidendosi, non parlando se non obbligati.

La zona sociale è riservata ai contatti di tipo superficiale; per esempio ai conoscenti, alla maggior parte dei colleghi di lavoro e ai propri capi.

Per  zona pubblica si intende quella distanza che va al di là della sfera personale. Non è necessariamente collegata ad un pubblico; può essere infatti intesa come distanza che separa persone che si conoscono e che stanno conversando da lontano, oppure che separa l’insegnante dai propri alunni. 



Il comportamento spaziale dell’uomo comprende, inoltre, altri fattori: l’orientazione, il comportamento territoriale e il movimento nell’ambiente fisico.
Per orientazione si intende l’angolazione secondo cui le persone si situano nello spazio, l’una rispetto all’altra (il luogo ove ci si siede attorno ad un tavolo o in un ambiente pubblico).
Le posizioni e i movimenti nello spazio dipendono dall’ambiente fisico: alcune aree, per esempio, acquistano significato di territorio (la scrivania dell’ufficio oltre la quale non può accedere chi non lavora in quel sito). Altre sono in rapporto con la posizione sociale: il palcoscenico, il posto d’onore.

Anche nella casa le forme e le dimensioni di una stanza possono condizionare la scelta della posizione nello spazio: a volte si è costretti a sedersi dove non aggrada, perché l’ambiente è ristretto e compresso e obbliga a tale posizione. Gli oggetti, gli arredi e gli spazi possono, cioè, essere vissuti come costrittivi.




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