venerdì 30 novembre 2018

Un articolo sul colore



















Grazie all'Ordine degli Architetti di NO-VCO, è stato pubblicato questo articolo.
Mi fa sempre piacere poter diffondere alcune considerazioni, riflessioni sul colore nel progetto.
Il testo un poco rivisitato, lo riporto qui sotto per poterlo leggere anche dal blog. Lo condivido volentieri.


Potremmo definire il colore come una specifica sensazione che si forma nel nostro cervello; esso non appartiene, di fatto, agli oggetti, non è una caratteristica “reale” di ciò che vediamo; è un risultato di interazioni diverse, tra luce, materia, occhio che “osserva” e rielaborazioni a livello cerebrale. In effetti la realtà, che non è come sembra, è acromatica.
Per vedere il colore (variabile visiva) sono necessari: azione della luce - interazione con la materia (oggetto illuminato) - sistema visivo (osservatore) - sensazioni cerebrali (osservatore) e, aggiungerei, contesto nel quale è collocato.
Vedere e percepire, però, non sono la stessa cosa. E' definibile visione il momento cerebrale in cui gli elementi presenti nel campo di osservazione attivano il nostro sistema visivo, a prescindere dalla elaborazione istintuale e cognitiva. E' una rielaborazione fisica e fisiologica. Percepire invece è dare significati, implica la capacità di osservare, cogliere particolari.
Parliamo di percezione istintuale, che permette di raccogliere le informazioni utili a valutare la posizione rispetto alle cose e verificare che non vi siano insidie all'interno dello spazio visivo. Utile da sempre per la nostra sopravvivenza. Pensiamo al colore utilizzato in natura per la difesa, l’orientamento, la riproduzione, etc. . Ma negli esseri umani sussiste anche quella che potremmo definire percezione cognitiva; essa permette un utilizzo più completo della scena, che viene percepita nella sua globalità e ricchezza anche di contenuti culturali. Il colore che vediamo è quindi colore percepito, non intrinseco e dipende dalla cultura, religione, esperienze, attese, aspettative, imprinting proprie di ognuno di noi.
L’approccio percettivo al progetto, fondato sullo studio della percezione umana, deve tener conto proprio di questa differenziazione, per comprendere le informazioni che vengono fornite dal colore e poterle poi gestire e comunicare nel modo migliore.
Intanto sfaterei il classico mito del colore che, negli spazi, funziona come una sorta di magia: il verde rilassa, il celeste pure...al di là del fatto che dovremmo capire di quale dei tanti verdi che percepiamo si sta parlando, non esiste un colore adatto a...semmai una possibile serie di colori, una policromia che si rifà ad un mondo naturale nel quale l'uomo da sempre ha vissuto. Secondo Lucia Ronchi (Corth 1983) per milioni di anni i primati sono stati esposti ad una luce diurna che veniva filtrata dalla vegetazione e l'essere umano ha imparato ad abitare spazi, secondo stimoli provenienti da questo ambiente naturale temperato. La complessità visiva e i mutamenti sono perciò biologicamente adatti all'uomo. Policromia, contrasti, utilizzo di gradienti, effetti figura/sfondo, fondali, linee di confine e altri sistemi allogativi, risultano pertanto esempi di applicazione coerenti - in un progetto cromatico - per raggiungere un equilibrio psicofisiologico portatore di benessere.
Luce e colore sono strumenti di progetto e come tali andrebbero trattati e analizzati, partendo da studi torici interdisciplinari – basi direi obbligatorie in un percorso di ricerca - atti a supportare conclusioni e applicazioni. Ogni progetto è diverso; obiettivi, percettori e stato dell'arte cambiano di volta in volta. Le istanze a cui possiamo rispondere con l'ausilio di colore e luce sono svariate: orientamento, comunicazione, utilizzo dello spazio e degli oggetti, segnalazione e comprensione dell'ambiente, agevolazione del comportamento, etc.
Sempre e soprattutto, comunque, già in fase meta-progettuale si deve partire dai bisogni del percettore che fruisce lo spazio. La scena percettiva è costruita per le persone ed attorno ad esse, in quanto la qualità delle relazioni passa attraverso la qualità dell’ambiente e c’è sempre correlazione/biunivocità tra l’individuo e l’ambiente vissuto – interno od esterno -, per il quale ciascuno di noi crea una propria “mappa mentale” di riferimento. In tal senso l’estetica del progetto deve per forza passare attraverso l’etica.
Se poi ci si occupa di spazi della cura o dell’educazione tutto questo diviene ancora più importante: strutture, spazi dedicati all’assistenza e alla cura di un’utenza fragile, abbisognano infatti di maggiori attenzioni verso la qualità percettiva ambientale.”




venerdì 31 agosto 2018

SPAZI DI CURA E COLORE - LA CAMERA ROSA

Un progetto per l'altro...

"Il Codice Rosa identifica un percorso riservato a tutte le vittime di violenza, senza distinzione di genere e di età, e offre:

-riservatezza
-maggiore accoglienza
-disponibilità all'ascolto 

Permette di ottemperare agli obblighi di:

-rilevamento delle prove
-alla loro raccolta e conservazione

e contribuisce al riconoscimento e all'emersione di lesioni derivanti da maltrattamenti o violenza, garantendo una rapida attivazione del percorso.

Nel Pronto Soccorso dell'Ospedale avviene:
-  riconoscimento della violenza
-  attivazione del Percorso Rosa
riservatezza e anonimato
-  richieste consulenze specialistiche

LA CAMERA ROSA

Rientra in una delle fasi/azioni di maggiore tutela nell'ambito del Codice Rosa.
E' un ambiente :

- accogliente
- protetto
- tutelato dalla privacy

dove la vittima di violenza può sostare sino al completamento del percosro socio sanitario, oppure, se ritenuta a rischio nella propria abitazione, fino a quando non viene trovata una soluzione abitativa sicura/protetta."
Dott.ssa Liliana Maglitto
Coordinatrice Equipe


Grazie all'AVIS del Comune di Verbania e alla Presidente Simona Sassi, all'A.S.L. V.C.O., al contributo di associazioni e volontari e all'quipe della dott.ssa Liliana Maglitto, si è potuto realizzare un progetto di grande umanità e inaugurare il luogo di accoglienza denominato "Camera Rosa", spazio per il conforto e la comprensione verso chi è più fragile e ha bisogno di reale aiuto.
 

LA MIA COLLABORAZIONE
Sono stata chiamata a collaborare alla progettazione dello spazio interno della camera, soprattutto per far si che tale spazio - da stanza ospedaliera di degenza - diventasse un locale quasi domestico, completamente diverso dal contesto di cura nel quale si trova.
 

 














I percettori di questo spazio, donne a volte con bambini, fanno parte di un'utenza fragile, bisognosa di cura, che desidera sentirsi accolta e rassicurata, non abbandonata, compresa e non giudicata. Tali persone subiscono violenze psicologiche, fisiche, che lasciano segni visibili o invisibili ma non meno terribili e dolorosi.

Nella camera si accolgono persone, si parla con loro, si cerca di lasciare del tempo e dello spazio a loro disposizione; i bambini devono avere modo di giocare, di distrarsi.

Lo stato di fatto sul quale ho lavorato aveva forti connotazioni istituzionalizzate: essendo una stanza di degenza l'arredo era tipicamente ospedaliero; percettivamente risultava d'impatto molto stretta, alta, con una parete imponente di fronte al letto, poca luce artificiale, assenza di cromatismi, degrado nei particolari.

STATO DI FATTO CAMERA


















Si è pensato di sostituire i pochi elementi d'arredo con un divano letto, un tavolino e due sedie, una lampada a stelo, risistemare l'armadio esistente eliminando la porta e facendolo diventare una nicchia nella quale riporre giochi e libri per i bambini, in modo da rispondere ad oggettivi bisogni funzionali.





































Sono quindi intervenuta con un progetto cromatico su basi percettive, per ridare all'ambiente una cura e un valore necessari per rispondere alle istanze dei percettori futuri.



RELAZIONE progetto cromatico percettivo - “Sala Rosa” accoglienza e cura - VB – 2018



Strutture, spazi dedicati all’assistenza di un’utenza fragile, abbisognano ancora di più di attenzioni verso la qualità percettiva ambientale.

E’ infatti chiaro, oramai, che la qualità delle relazioni passa attraverso la qualità dell’ambiente e che c’è sempre correlazione/biunivocità tra l’individuo e l’ambiente vissuto, per il quale ciascuno di noi crea una propria “mappa mentale” di riferimento.

Il PROGETTO tiene conto di tale rapporto e dell’importanza dei bisogni del percettore che fruisce lo spazio. La scena percettiva è costruita per le persone ed attorno ad esse: tiene conto di come si muovono, come si relazionano, quali gesti compiono...

L’OBIETTIVO è ricreare un luogo dove soprattutto si possa trovare accoglienza, sostegno, sicurezza e benessere psicofisiologico.

Quello che definiamo benessere si manifesta se sussiste un equilibrio dato dalle condizione che un luogo dà realmente.  

Nel caso della stanza “Rosa” non si è data importanza alle tinte utilizzate in sé perché cercare dei significati nelle singole cromie è piuttosto riduttivo; ciò che è stato messo in risalto è il modo in cui i colori dialogano tra loro, il sistema allogativo e la presenza di policromia.

La palette scelta è comunque volutamente lontana dai colori istituzionalizzati e già utilizzati dell’ospedale come i verdi, gli azzurri o i gialli, i grigi e i bianchi, per dare uno stacco e far si che lo spazio venga identificato come abitazione

I colori sono stati progettati utilizzando il sistema NCS, con due piani di tinta:


0505- R60B 0525-R60B  1040-R60B

0530-Y60R  1060-Y60R

I colori chiari hanno stessa nerezza - tenuta come costante - così come quelli più cromatici.



Gli apparati allogativi sono costituiti da forme, schemi, basati su linee di confine che individuano spazi di colore. Leggendo le linee di confine – ed il cervello percepisce prima esse e poi le superfici – si riesce a identificare l’area cromatica interna ad esse e a leggere la scena con maggiore chiarezza.



Sappiamo – le neuroscienze insegnano – che un colore unico in uno spazio fa si che il cervello legga l’ambiente come una sorta di scatola, stressando per altro l’osservatore.

La rappresentazione di un “paesaggio” a più piani, con profondità, policromia, effetti figura/sfondo, completamento amodale, porta invece il precettore ad interpretare ciò che osserva, a secondo del proprio vissuto; fornire più suggerimenti, informazioni, rende inoltre l’osservatore più rilassato.


Le geometrie pulite, qui utilizzate, vengono lette agevolmente nella loro totalità e le allogazioni dei colori ben si integrano con possibili arredi e componenti.

Dal divano cosa si vede? Non più una grande parete monocromatica, ma dei pieni e dei vuoti che portano a pensare ci sia un fondale, un altrove, un paesaggio o qualsivoglia schema si interpreti col proprio vissuto e la propria fantasia.



Dare orizzonti, profondità, tridimensionalità, contrasto (dove compare contrasto, le differenze tra colori e forme risultano meglio delineate) e policromia al luogo percepito, induce chiunque – anche in condizioni di fragilità psicologica, o cognitiva, o fisica – a ri-conoscere e percepire a livello biologico/istintuale quello che vi è attorno. 

E’, in un certo senso, come entrare in una scena naturale che tutti sappiamo essere benefica per il nostro stato psicofisiologico.

Il progetto ha voluto ripercorrere l’approccio di tipo percettivo proprio per poter rispondere al meglio all’istanza di “cura” dell’utenza.

Lo spazio prevede nella sua fruizione una zona relax/riposo, un angolo conviviale con tavolo e illuminazione diversificata e un’area riservata al gioco e ai bambini. L’intento è quello di riproporre un’atmosfera a carattere familiare, quasi domestica, di rassicurazione.



















Ringrazio di cuore Simona, l'Avis di Verbania, la dott.ssa Maglitto, per avermi chiesto di collaborare al progetto e per aver dimostrato che lavorando insieme - con diverse competenze - si può fare la differenza.
Entrata - passaggio












sabato 25 agosto 2018

I colori che non vorrei...

Detto da me sembra strano. 
In effetti non esistono colori che non vorrei vedere. A me piacciono tutti e sempre.
Nel contesto adatto però.
Soprattutto, se posso trovare gradevole il rosso di un oggetto, non significa che in ogni occasione quel dato rosso e quel dato oggetto mi debbano piacere.

Prendiamo ad esempio queste due foto

CONTESTO SBAGLIATO
 
CONTESTO GIUSTO

 
Siamo sulla spiaggia del Lago Maggiore. Se il mio occhio viene colpito dal particolare dorato di un guscio, va tutto bene. Il luogo è coerente, naturale, l'oggetto che sto osservando è affascinante nella sua semplicità e il suo colore quasi magico.

Il ragionamento smette di funzionare se in mezzo ai ciottoli e alle alghe secche vengo distratta da un rosso violaceo, appartenente ad un elemento plasticoso estraneo a questo eco-sistema.

L'accendino è percepibile da lontano, con questa luce forte, zenitale, e brilla in tutta la sua degradante oscenità di oggetto abbandonato. 

Fosse solo un caso, forse potrei pensare che qualcuno lo ha perso...ma ormai mi sono putroppo abituata - si fa per dire - alla totale inciviltà e maleducazione di alcuni esseri umani. Quando vado a prendere il sole e a godermi il suono delle onde sulla spiaggia del lago, ho l'abitudine di portare con me un sacchetto per raccogliere le schifezze sparse in giro. Una questione di difesa dell'ambiente, la mia, con il timore aggiunto che anatre o svassi possano soffocare ingoiando cellophane. Una morte terribile. 



Questi, nella foto a fianco, dovrebbero essere i soli colori del lago. Che poi sono davvero tantissimi e meravigliosi.
Dovrebbero bastare a tutti ed essere rispettati. 


Perché rovinare tanta bellezza?